IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1000/1986 proposto da Vannicelli Luigi rappresentato e difeso dall'avv. prof. Franco Gaetano Scoca ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Roma, via Paisiello n. 55, contro il Ministero della pubblica istruzione in persona del Ministro pro-tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento del giudizio di non idoneita' a professore universitario associato espresso nei confronti della ricorrente nella seconda tornata degli stessi giudizi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della pubblica isruzione e le "note" depositate dal Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e teconologica allo stesso subentrato; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 21 novembre 1990 il consigliere Giancarlo Paolo Restaino e udito, altresi', l'avv. Scoca per la ricorrente; F A T T O La ricorrente impugna il giudizio di "non idoneo" espresso nei suoi confronti dalla commissione esaminatrice della seconda tornata dei giudizi di idoneita' per l'inquadramento nella fascia dei professori universitari associati, cui aveva partecipato concorrendo per il raggruppamento disciplinare n. 010 (diritto ecclesiastico). Deduce i seguenti motivi di gravame: I) violazione dell'art. 51, quarto comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Si duole il ricorrente della esclusiva rilevanza della commissione conferita ai titoli scientifici a scapito della attivita' didattica dalla medesima svolta, la cui espressa valutazione si renderebbe necessaria in osservanza della suindicata disposizione normativa che prescrive la formulazione di un giudizio conclusivo sulla base della valutazione di entrambe le attivita', didatica e scientifica, svolte dal candidato. Viene comunque denunciato il difetto di motivazione del giudizio negativo sui titoli scientifici in quanto espresso senza la indicazione delle ragioni della negativa determinazione della commissione; II) violazione dell'art. 51, sesto comma, del d.P.R. n. 382/1980 per non avere, lo stesso organo esaminatore, tenuto nella dovuta considerazione il giudizio espresso dalla facolta' di appartenenza del ricorrente sullo svolgimento della attivita' didattica e delle altre funzioni dallo stesso espletate presso la medesima facolta'; III) violazione dell'art. 51, quarto comma, del d.P.R. n. 382/1980. La commissione esaminatrice avrebbe adottato un illegittimo criterio di valutazione dei candidati basato sull'accertamento della "piena capacita' scientifica", tale ultima richiesta dell'art. 41 del d.P.R. n. 382/1980 per i concorsi a professore straordinario, richiedendosi invece da parte dei partecipanti ai giudizi di idoneita' di cui all'art. 50 dello stesso d.P.R. la dimostrazione della sola idoneita' scientifica; IV) eccesso di potere per manifesta illogicita'. Con riferimento al suindicato criterio di valutazione della piena maturita' scientifica dei candidati viene evidenziata, quale conseguenza della inconferente adozione di tale canone di giudizio, la situazione di un candidato, nel ricorso nominativamente indicato, il quale, giudicato negativamente a conclusione della tornata idoneativa di cui trattasi, e' risultato invece vincitore del concorso per la nomina a professore straordinario svoltosi a breve distanza dal predetto procedimento idoneativo; V) violazione dell'art. 51 del d.P.R. n. 382/1980 per avere la commissione qualificato "brevi" gra parte dei lavori della ricorrente senza tuttavia esprimere un giudizio sul contenuto scientifico degli stessi lavori; VI) eccesso di potere sotto il profilo della illogicita' manifesta avendo lo stesso organo esaminatore conferito valore negativo alla brevita' dei lavori indicati nel precedente quinto motivo e consistenti in note a sentenze, la cui sinteticita' caratterizzerebbe invece la pregevolezza di tal genere di lavori. Il contraddittorio e' stato istituito nei confronti del Ministero della pubblica istruzione costituitosi in giudizio. Con atto notificato in data 8 febbraio 1988 contenente motivi aggiunti al ricorso introduttivo la ricorrente deduce ulteriormente: I) illegittimita' del d.m. 8 maggio 1984 con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice, per violazione dell'art. 13 del d.P.R. n. 382/1980. L'amministrazione ha illegittimamente inserito, tra i docenti da sorteggiare ai fini della formazione della commissione mediante elezione dei membri della stessa tra i nominativi sorteggiati, il prof. Luciano Guerzoni, che si trovava in posizione di aspettativa obbligatoria per mandato parlamentare, in violazione del predetto art. 13 del d.P.R. n. 382/1980 in base al quale il professore ordinario, nominato membro del Parlamento nazionale, deve ritenersi sospeso dalla effettiva prestazione di servizio e, quindi, da tutte le funzioni tipiche legate allo status di professore universitario, tra cui anche l'elettorato passivo; II) illegittimita' derivata dello stesso d.m. 8 maggio 1984 per illegittimita' della o.m. 13 marzo 1984, per violazione degli artt. 45, settimo comma, e 99 del d.P.R. n. 382/1980 per essere stato consentito, a ciascun elettore, di esprimere due preferenze, in difformita' di quanto disporrebbe la suindicata normativa. Con "note" depositate il 4 ottobre 1990 il Ministero della universita' e della ricerca scientifica e tecnologica (subentrato al Ministero della pubblica istruzione) sostiene la infondatezza di tutti i motivi dalla ricorrente dedotti. Quest'ultima, con memoria conclusiva depositata il 7 novembre 1990, fornisce ulteriori precisazioni ed argomentazioni a sostegno del suo gravame. Alla udienza del 21 novembre 1990 la causa e' passata in decisione. D I R I T T O Il ricorso ha per oggetto il giudizio di non idoneita' a professore associato per il raggruppamento 010 (diritto ecclesiastico) formulato nella seconda tornata nei confronti del ricorrente. Ha carattere pregiudiziale il primo motivo aggiunto inteso a contestare, sulla base di quanto emerso dagli atti depositati in giudizio dall'amministrazione, la legittimita' del d.m. 8 maggio 1984 con il quale e' stata nominata la commissione giudicatrice. Sostiene la ricorrente che l'ammissione all'elettorato passivo del prof. Luciano Guerzoni, allora in aspettativa obbligatoria perche' membro del Parlamento nazionale, e' avvenuta in contrasto con l'art. 13, primo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. In concreto, l'indebito inserimento del nominativo del prof. Guerzoni nel tabulato predisposto per il sorteggio (n. 26) ha sovvertito la successiva serie progressiva, alterando l'abbinamento fra i numeri estratti ed i nominativi dei docenti, con la conseguenza che e' stata prospettata al corpo elettorale una rosa di candidati diversa da quella che si sarebbe formata se il prof. Guerzoni fosse stato escluso. L'avvocatura dello Stato sostiene che la censura risulta superata dall'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341, il quale, sotto il titolo "interpretazione autentica" ha disposto che "i professori collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle commissioni per i giudizi di idoneita' a professore associato e per i concorsi a professore universitario ordinario o associato nei casi in cui le operazioni per la formazione delle commissioni giudicatrici siano iniziate prima della entrata in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, anche se la conclusione delle operazioni anzidette e la nomina della commissione siano avvenute successivamente". L'assunto dell'avvocatura va condiviso poiche' nella specie il procedimento di nomina, avendo preso avvio il 1ยบ marzo 1984, con il sorteggio dei docenti eleggibili, rientra nella sfera di previsione dell'intervento di interpretazione autentica. Tuttavia il citato art. 1 della legge n. 341/1988 appare al collegio di dubbia legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24, 102, 104 e 108 della Costituzione. La questione e' rilevante poiche' se la norma venisse caducata, la censura, alla luce del disposto dell'art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 382/1980 risulterebbe fondata, come la giurisprudenza ha esattamente ritenuto (Cons. di Stato, sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178; t.a.r. Lazio, sezione prima, 11 dicembre 1987, n. 1960; 2 febbraio 1987, n. 268). E' determinante, in tal senso, il rilievo che l'aspettativa comporta la sospensione di tutte le funzioni connesse all'ufficio, fatta eccezione per quelle espressamente consentite e fra le attivita' inicate nel citato art. 13 non figura la partecipazione alle commissioni giudicatrici. D'altronde, il collocamento in aspettativa obbligatoria disposto dallo stesso art. 13 tende, con chiara evidenza, a consentire al docente il pieno adempimento dei compiti relativi all'incarico extrauniversitario e ad evitare che, per l'onerosita' dell'impegno, si producano riflessi negativi sul buon andamento dell'amministrazione universitaria. L'esclusione dall'elettorato passivo trova dunque conferma anche in ragioni di intrinseca coerenza con la ratio legis atteso che i lavori delle commissioni giudicarici sono, per durata e complessita', particolarmente gravosi. Significativo e' poi che l'art. 5 della successiva legge 9 dicembre 1985, n. 705, abbia previsto che i professori universitari in aspettativa obbligatoria "mantengono il solo elettorato attivo" cosi' avvalorando le anzidette considerazioni, dal momento che il termine "mantengono" si riferisce, come e' stato rilevato dalla giurisprudenza dianzi citata, non gia' alla disciplina precedente, ma alla posizione del docente che pur collocato in aspettativa conserva il diritto di voto. Cosi' accertato, con l'impiego delle consuete regole ermeneutiche ed in conformita' ad una giurisprudenza concorde la portata dell'art. 13 del d.P.R. n. 382/1980, ne consegue che l'art. 1 della legge n. 341/1988 ha in realta' innovato, contrariamente a quanto si evince dal titolo, la disciplina previgente. Di cio' era consapevole il relatore, senatore De Rosa, che, nell'illustrare il disegno di legge, ebbe ad affermare che l'art. 13 del d.P.R. n. 382/1980 non prevede la conservazione da parte dei professori predetti dell'elettorato attivo e passivo ai fini della formazione delle commissioni di concorso (atti della commissione istruzione del Senato, seduta del 28 aprile 1988, pag. 26). Orbene, la Corte costituzionale di recente, pur riaffermando in linea di principio l'ammissibilita' delle leggi interpretative, ne ha censurato l'utilizzazione ove siano dirette non a chiarire ma a modificare il significato della norma "interpretata" (Corte costituzionale 4 aprile 1990, n. 155). La stessa distorsione della funzione tipica dell'interpretazione autentica si verifica, in quanto si e' osservato, nel caso in esame, donde il sospetto della violazione dell'art. 3 della Costituzione per vizio di razionalita'. Aggiungasi che nella specie l'intervento del legislatore si inserisce in un contesto caratterizzato dal fatto che sono stati presentati da parte dei candidati non vincitori, ed in alcuni casi gia' accolti in primo grado, numerosi ricorsi che sostengono l'illegittimita' dell'operato del Ministero della pubblica istruzione (relazione al Senato sul disegno di legge n. 795, X legislatura). Sicche' e' evidente l'intento di interferire sui giudizi in corso, vincolandone la definizione in senso contrario a quello prevedibile, tenuto conto dell'indirizzo del giudice di primo grado, confermato, prima dell'approvazione della legge, dal Consiglio di Stato (cit. sezione sesta 10 febbraio 1988, n. 178). Da qui nascono ulteriori ragioni di dubbio sul piano della costituzionalita', con riguardo all'art. 24, che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi e sancisce l'inviolabilita' del diritto di difesa; all'art. 102, che riserva ai magistrati l'esercizio della funzione giurisdizionale; degli artt. 104, primo comma, e 108, secondo comma, che assicurano l'indipendenza della magistratura. E', infine, da rilevare che l'art. 1 della legge n. 341/1988 in- troduce una nuova disciplina in materia di formazione delle commissioni giudicatrici con effetto retroattivo, pur indipendentemente dalla qualificazione della norma come di interpretazione autentica, dovendosi ritenere che i procedimenti di nomina avviati prima dell'entrata in vigore della legge 9 dicembre 1985, n. 705, fossero nel frattempo tutti pervenuti a conclusione. La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che l'irretroattivita' stabilita dalla Costituzione soltanto per le leggi penali, costituisce pur sempre un principio generale dell'ordinamento al quale, salva la presenza di una oggettiva giustificazione, il legislatore deve attenersi (da ultimo Corte costituzionale n. 155/1990). Una volta esclusa la validita' dei presupposti e delle ragioni desumibili dai lavori preparatori, non si rinvengono elementi idonei a dare razionale fondamento della previsione, tanto piu' che essa non si inquadra in un generale ripensamento del legislatore, ma, con riferimento ad un periodo pregresso e limitato, apporta una deroga alla disciplina vigente alla data della sua adozione e tuttora in vigore. Anche sotto questo profilo sussiste anche il dubbio di contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Per le considerazioni esposte le delineate questioni vanno rimesse alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio con riserva di ogni ulteriore statuizione, all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'.